Il rientro dall'Islanda
Non ho pensato grandi cose quando ho sentito l'attrito delle ruote sulla pista d'atterraggio, ma quei pensieri avevano tutti a che fare con il ritorno alla realtà, una sorta di schianto controllato e consapevole.
Eccomi, sono finalmente a casa, ma divisa in due parti che divergono come calamite orientate sullo stesso polo: rincuorata dalla familiarità della mia amata terra, spaventata dal ritorno alla routine quotidiana. La mia quiete, già erosa dall'antica convinzione di non esser fatta per una vita ordinaria, dopo questo viaggio è ufficialmente andata in frantumi. Ma non il sole, lui è ancora lì, padrone indiscusso del cielo sardo. Ed è proprio volgendo lo sguardo verso quel cielo che mi son resa conto di quanto mi siano mancati i colori accesi e la luce intensa del giorno: l'Islanda d'inverno è come un film in bianco e nero, un contrasto netto tra rocce vulcaniche e distese infinite di neve che coesistono dentro interminabili notti, spezzate soltanto da un'alba rossastra, che si fa presto tramonto. Eppure avverto una strana nostalgia e, in qualche modo, sento di essere cambiata... Ma d'altronde, ho sempre saputo che non sarebbe stata una semplice vacanza. Dietro la decisione di partire, per quanto impulsiva, c'era nascosto un piano evolutivo ben preciso.
Puntualmente, ogni fine anno mi ritrovavo a sperare che quello successivo potesse essere l'anno della svolta. Il reset. La Fine. L'Inizio. La rinascita. Ora, io non lo so quante volte si possa rinascere, se siamo come i gatti o se è solo un illusione, però ricominciare da qualche parte è necessario, in alcuni casi anche piacevole, se non fosse che a un certo punto, dopo aver ricominciato ancora e ancora, si ha pure voglia di continuare, evitare quello che io chiamo "effetto tapis roulant", ovvero affannarsi senza mai avanzare. Quindi, una volta appurato che lungo il percorso ci saranno sempre delle sconfitte, ho capito che non si può e non si deve azzerare niente, ma piuttosto apprendere, andare avanti e, insomma, crescere.
Confermando quei biglietti, infatti, ho scelto di muovere il primo passo fuori dalla linea che separa la mia comfort-zone da tutto ciò che desidero. Quel giorno, ho scelto di mantenere la promessa fatta a me stessa anni fa, quella di inseguire i miei sogni e viaggiare il più possibile. Ho scelto di inaugurare il nuovo anno lontana dai miei limiti e dalle certezze, lontana dal calore del sole e dei miei affetti, esplorando una terra tanto meravigliosa quanto ostile, in condizioni totalmente opposte rispetto a quella che è la mia normalità.
Se credete che l'Islanda sia come l'avete immaginata grazie ai racconti di chi c'è stato, sbagliate! È molto di più. Motivo per cui, a distanza di tempo, sto ancora elaborando e cercando le parole per raccontare ciò che ho vissuto in quegli otto giorni. Per quanto avessi studiato nel dettaglio i luoghi in cui sarei stata e mi fossi preparata alla bellezza di ogni singola tappa, ero ignara delle forti emozioni che avrei provato. Non sapevo che il silenzio di quegli spazi sconfinati mi avrebbe commossa, che i giochi del vento con la neve mi avrebbero lasciato senza fiato, o che quelle temperature estreme, taglienti sulla pelle, mi avrebbero fatto sentire piccola ma dannatamente viva. Non ero pronta a esplodere di sensazioni, a cadere in ginocchio e tremante sotto la danza dell'aurora, non ero pronta a percepire una tale pienezza d'animo, a sentire la vita scorrere come elettricità attraverso il mio corpo. No, l'Islanda non è una vacanza, è un viaggio interiore, una poesia violenta, la via per chi decide di connettersi totalmente con se stesso e la natura selvaggia. Se pensate di andarci, sappiate che i 5 sensi non vi basteranno.
☆ Musica: Exsperience (L. Einaudi)☆
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